mercoledì 8 giugno 2011

La sposa bambina.



In Rajastan, ancora oggi, le spose sono bambine che contraggono matrimonio con uomini adulti. Anche nello Yemen, in Nepal, in Afghanistan, si usa mandare in sposa le proprie figlie e costringerle ad abbandonare la famiglia d'origine per quella del marito. Sole, abbandonate a se stesse fra cenci e povertà, senza istruzione, le bambine lottano con gravidanze precoci e mariti violenti. La loro purezza trascende quella delle bambine a cui sono abituati i nostri occhi.

Strappate all'infanzia spesso solo per porre fine a faide familiari, come debiti per risolvere questioni sorte prima che loro stesse nascessero, i loro giochi si tramutano in incubi concreti dove non esiste nessuna possibilità di scampo.

Il matrimonio evita anche sacrifici alla famiglia d'origine: per studiare occorre denaro, spesso risparmiato a favore dei figli maschi considerati un bene superiore e inviolabile.

Nessuno dubita che i matrimoni, nei Paesi liberi e democratici, siano frutto dell'incontro fra due individui che si amano. I matrimoni combinati sono ormai un genere estinto, e nonostante alcune famiglie tentino ancora di esercitare un'opposizione quando considerino negativamente un'unione, nei Paesi ricchi gli sposi hanno la libertà di scegliersi, e se sfortunati, di opporsi ai tentativi maldestri dei familiari.

Nei Paesi poveri, invece, le bambine sono costrette a partorire ignare delle trasformazioni del proprio corpo: non sanno che in grembo portano un'altra minuscola creatura, non hanno la minima conoscenza del sesso, e anche se immature fisicamente vengono piegate ad avere rapporti con uomini molto più vecchi, con conseguenti emorragie e fistole, e il giorno successivo spesso le suocere esaminano con soddisfazione le lenzuola macchiate di sangue.

Siamo nel 2011, vent'anni fa avremmo considerato questa data con la curiosità che si riserva al futuro. Eppure, lontano dai nostri occhi benestanti, ancora oggi, coperta da un velo bianco, c'è una bambina che sta andando in sposa.

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