martedì 26 aprile 2011

Il tempo della farfalla.



C'è un tempo in un cui restare, fermarsi, soffermarsi a guardare, riflettere. E c'è un tempo per correre, decidersi, stabilire, rinunciare a soprassedere, incaponirsi, verificare, smontare e rimontare i pezzi dell'esistenza per plasmarne di nuovi. Come la farfalla, il cui minimo battito d'ali può provocare un uragano dall'altra parte del mondo. E questo è dunque il tempo della farfalla. Il tempo di agire, a cui ciascuno risponde a modo suo. E il nostro agire può mutare il corso degli eventi. Persino se scegliamo di voltare l'angolo la nostra vita può cambiare. Se una mattina anzicché camminare a passo sostenuto per recarci al lavoro decidiamo di prendercela comodamente, scopriamo il volto nuovo delle cose. E questo dovrebbe essere l'insegnamento: voltare pagina non significa necessariamente cambiare vita, tagliare con il passato, allontanarsi da se stessi e dagli altri. Al contrario, può essere utile costruire il nuovo attraverso uno sguardo diverso, non disincantato ma felicemente illuso: guardare fra le pieghe degli attimi svelando il segreto del quotidiano nel fondo dell'esistenza. Tutto sommato nessuna scelta è sbagliata, purché consenta di approfondire e chiarire l'insolvenza di fronte al passare del tempo. Ciascuno ha il suo tempo in cui portare a compimento l'esercizio del presente. Oltre quel limite c'è solo la vertigine del vuoto. C'è chi perde la vita professando una pace fino all'ultimo respiro, ed è un eroe. C'è chi spende la sua vita seduto in mezzo al deserto ricercando la sapienza dell'ascesi, ed è un santo. C'è poi chi si ubriaca, salta da un balcone credendo di finire nella piscina, e invece si fracassa a terra, e questo è un imbecille che ha gettato la sua vita in pasto ai vermi e di lui si ricorderanno gli amici come di quello sbronzo. A ciascuno la sua vita, potremmo dire. Certo chi di sé lascia traccia infonderà una terribile nostalgia negli altri quando verrà a mancare. E questo vuoto che proviamo quando qualcuno ci lascia perché il suo tempo si è esaurito, sia egli giovane o vecchio, sano o malato, sia la sua scomparsa improvvisa o annunciata, è il vuoto che con i nostri versi e le nostre parole in prosa siamo chiamati a colmare.



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