martedì 16 dicembre 2008

Il tempo della pioggia

Mi rifugio nella pagina come un uccello nel nido. La stanchezza della giornata si fa sentire. Fuori piove, una pioggia interminabile. La pioggia concilia il sonno, addolcisce la tensione del giorno, conduce a una misurata riflessione. Spesso mi domando se non sia più reale la realtà del mondo sulla carta, piuttosto che quanto ci circonda. Credo che i reality, i programmi assurdi e surreali come Uomini e donne, gli abusi di potere sul posto di lavoro, le violenze più o meno subite e soffocate dentro, siano in realtà prodotti della nostra mente in dormiveglia. Il sonno della ragione genera mostri, soleva dirsi Goya, oppure si potrebbe citare Pedro Calderon de la Barca, la vita è sogno. Forse la società moderna si ritrova in una sorta di inconsapevole veglia a se stessa, fuori di sé, accanto al proprio corpo, incapace di svegliarlo.
Siamo un immenso organismo addormentato, crediamo di spostarci velocemente, percepiamo il tempo come lo percepisce un'intelligenza superiore, convinti di poterlo governare. Se solo potessimo vederci da un altro pianeta con un potente telescopio, dal futuro, o magari al rallentatore, diminuendo la velocità delle nostre azioni e ascoltandoci emettere versi gutturali, saremmo in grado di renderci conto dell'immensa povertà di spirito diffusa in ogni ambiente, della vigliaccheria e falsità ipocrita che muove milioni di persone, dei fantocci che gesticolano e scimmiottano sullo schermo o per la strada. E forse potremmo illuderci di cambiare, perché il vedersi con distacco potrebbe consentire una salvifica autocritica. E saremmo anche in grado di percepire il tempo come unità fondante lo spirito, occasione da dilatare, opportunità da cogliere, non come sofferenza che c'inscatola nelle nostre misere esistenze.

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