sabato 27 dicembre 2008

Donne





Ho ricevuto un augurio per tutte le donne, di quelli che si spediscono a catena, come il seguente...


Oggetto: A VOI DONNE Siamo come diamanti...uniche e preziose...il dono più bello che avessimo potuto ricevere è quello di ciò che siamo...Donne!Chi dice donne dice danno...ed è vero perchè danno la vita, danno lasperanza, danno il coraggio, danno il conforto, danno se stesse per amore...Manda questo messaggio a tutte le donne che conosci per far capire loro quanto siano importanti e indispensabili...


E' un bel messaggio, naturalmente, ma quello che mi rattrista è che, ancora alle vicinissime soglie del 2009, noi donne avvertiamo il bisogno di farci coraggio, di dirci che siamo importanti, di ricordare a noi stesse il nostro valore, quanto valiamo rispetto a....Non ne siamo consapevoli, eppure questa società ci impone continuamente un confronto con il sesso maschile, come se la società (e dunque noi stesse donne) ammettesse silenziosamente la superiorità dell'uomo rispetto alla donna che è soggetta a mutamenti repentini d'umore in preda a influssi ormonali, e quindi deve considerarsi più fragile, intellettualmente e fisicamente. Una donna al volante viene considerata un pericolo pubblico, un giudice donna, durante il periodo pre-mestruale, viene vista come incapace di mantenere un atteggiamento realmente obiettivo. Certo, la stragrande maggioranza delle denunce contro la violenza subìta in famiglia o all'esterno delle mura familiari, viene emessa dalle donne, quelle rare donne che hanno il coraggio di esternare il proprio dolore o semplicemente non hanno più la capacità di resistere in silenzio. Questo dimostra che la donna è di fatto più fragile, fisicamente, rispetto all'uomo. Eppure, la maggior sensibilità che le donne possiedono (piangono molto più spesso, hanno un'affettività realmente più complessa rispetto all'uomo) viene interpretata come una mancanza, una debolezza che rispetto all'uomo la rende meno capace, meno professionale, meno competente. Suppongo che la sensibilità diversa, amplificata, sia dovuta al compito gravoso dell'accudire la prole. C'è, a tutti gli gli effetti, una diseguaglianza; ma non sono minimamente convinta, come la società vuol farci credere, che questa diseguaglianza corrisponda a una mancanza, e che la donna debba restare oggetto del maschio, proprietà da rivendicare, da segregare, picchiare, seppellire viva insieme al figlio in grembo. Tutto questo accade in conseguenza dell'accettazione di un certo pensiero ancora serpeggiante nelle famiglie, e cioè insegnare ai maschi che le donne non si toccano nemmeno con un dito: le donne si toccano con tutte le dita, basta farlo con cura. C'è un libro atrocemente bello, che fa rabbrividire ma rende consapevoli molte donne ancora avviluppate nel vortice dell'amore impossibile: Malamore, di Concita De Gregorio:

Quelli che "la donna è sacra", i gentiluomini di casa come i fondamentalisti che la venerano e la velano sono gli stessi che poi la segregano, la violano, la comprano, la battono e la uccidono. [...] Le donne sono uguali. Molto diverse naturalmente ma, sotto il profilo delle possibilità e dei diritti, uguali, è persino imbarazzante doverlo ripetere ancora. [...] Il 70% degli uomini trentenni, in Italia, vive coi genitori. Sette su dieci. Hanno a casa, quasi sempre, la madre. Sarebbe bello immaginare che si dividano equamente i compiti e le responsabilità ma temo che non sia così. L'accorato appello, a sostegno delle giovani donne che prima o poi accoglieranno nelle loro vite quei trentenni, è rivolto alle madri. Si potrebbe cominciare dal non essere particolarmente fiere di aver partorito un figlio maschio.[...] Considerare il fatto che si rifacciano il letto e raccolgano da terra i calzini non un gesto di generosità ma una semplice decenza. [...] Non essere fieri con gli amici della quantità delle loro conquiste sentimentali, non considerare le concomitanze di fidanzamenti multipli naturale segno di virilità, semmai uno sbandamento, una fase passeggera. [...]Non denigrare la fidanzata di turno perché inaffidabile, poco gentile, non premurosa. Per nessun'altra ragione, comunque, meno che mai prendere informazioni sulle sue doti muliebri e mostrarsi interdette se la ragazza ha intenzione di stare via sei mesi per uno stage a Boston.

Non è assolutamente uno dei brano più toccanti, questo citato, ma certamente è il più pratico e corrispondente al reale. La "questione femminile" andrebbe risolta prima di tutto in famiglia, dove meglio che a scuola si apprende come abitudine ciò che è corretto e ciò che non lo è.

La scuola, in questo senso, ha poco potere. Ogni vera consuetudine viene assimilata nel microuniverso della casa.

Malamore si basa sulla favola della Rateta, che molti di noi hanno imparato a conoscere durante l'infanzia. Io ne conoscevo solo una parte: mia madre ha cercato di mettermi in guardia, ma il resto avrei dovuto capirlo con la mia esperienza. La Rateta è una topolina che cerca di sposarsi con il partito migliore. Molti pretendenti le si presentano, ma lei sceglie caparbiamente il gatto, nonostante gli amici la abbiano avvertita che il gatto la mangerà, perché i gatti mangiano i topi ed è inutile provare a cucinare loro carciofi. In realtà, afferma Concita De Gregorio, la sua è una scelta ponderata: solo con un gatto riuscirà a mettersi alla prova, a farlo pretenziosamente cambiare. Si può dire, contro la violenza sulle donne, che la più grande prova di forza è affrancarsene, liberarsi di loro, imparare a evitarli, lasciarli soli. Perché noi donne siamo come diamanti, dice il messaggio, e farsi violare anche solo attraverso le parole ci rende opache, meno luminose, vale a dire infelici. Se il fiore della felicità ci è troppo spesso negato, allora mettiamolo nel vaso della vita con le nostre stesse mani, senz'aspettare che ci venga donato.

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