Il mare non bagna Gaza. Ci pensa il sangue, a bagnarla. Mentre in tutto il mondo si festeggiava l'arrivo dell'anno nuovo, con variopinti fuochi d'artificio che sbocciavano come rose nel cielo stellato, su Gaza s'aprivano silenziosi fiori sopra le case, esplosioni filmate dagli aerei israeliani e cliccate su Youtube. Il mare blu s'estende oltre la striscia di Gaza. Il vento respira forte, oppresso da una stanchezza profonda.
"L'attacco a Gaza non è contro Hamas, è contro tutti i palestinesi", scrive Amira Hass su "Haaretz", un quotidiano d'Israele.
«Cara popolazione della striscia di Gaza, sii responsabile del tuo destino», dicono i volantini lanciati dagli aerei israeliani il 2 gennaio. Se pure in buonafede le intenzioni degli israeliani sono quelle di arrestare il terrorismo di Hamas, il volantino suona agghiacciante. E' come se un sano dicesse allo storpio: "Caro storpio, cerca di camminare in posizione eretta senza zoppicare, così non avremo nessun peso sulla coscienza". Più della metà della popolazione della Striscia è formata da bambini. Allora il messaggio potrebbe suonare così: "Cari bambini della striscia di Gaza, siate responsabili del vostro destino". Bambini che vedono altri bambini feriti, sanguinanti, mutilati, esplosi letteralmente, pezzi di bambini, mani di bambini, teste ruzzolate sull'asfalto.
Cari bambini, siate responsabili dei pezzi di bambini, delle mani di bambini, delle teste ruzzolate sull'asfalto. Cari bambini, festeggiate insieme a noi il nuovo anno, scrutate il cielo per scorgervi ancora i segni delle rose dei fuochi d'artificio, rose candide che lacrimano fra le stelle comete, stelle luminose come la cometa di Betlemme. Intanto la gente affolla i negozi benpensanti nella corsa ai saldi, io pure ho comprato una bella giacca nuova ricamata con fili dorati, io pure me ne vergogno e me ne lavo le mani. Ma le mie mani restano sporche come quelle di tanta gente felice che compra, accumula, riempie frigoriferi, accatasta salumi, affetta panettoni, ingrassa incondizionatamente. Certo, nella Striscia non ci sono solo bambini, è Hamas che festeggia innalzando i mitra al cielo quando viene colpito un obiettivo israeliano, sia pure un palazzo disabitato nel deserto del Negev.
E' caduta la neve, fra un anno che moriva e un altro che veniva alla luce. Una neve soffice, ovattata, che forse aveva l'intenzione (pretenziosa) d'imbiancare le case, avvolgere il paesaggio nel silenzio introvabile, attutire l'odio, stemperare la paura, azzittire i reality, calmare i bambini che piangono, salvare i malati dalle malattie incurabili, chiedere a tutti un po' di silenzio (e riflessione). Un silenzio sistematicamente rimpiazzato dalla televisione che c'inonda di pubblicità inutile, di pensieri superflui, arrivando persino a strumentalizzare la nostra mente durante il giorno, imprimendoci nel cervello quel prodotto con la potenza della musica e dell'immagine.
Se quella stessa neve cadesse su Gaza, si tingerebbe di rosso, incapace di attutire il dolore. Candida neve di purezza impotente, sarebbe una carezza sul viso dei bambini, ma solo una carezza, che non riempie lo stomaco. Se tutte le strade del mondo fossero sgombre dalla guerra, la neve troverebbe spazio per insinuarsi, senza sciogliersi. Riuscirebbe a disegnare morbide colline di calma dove adesso dilagano le macerie dei palazzi.
Il mare non bagna Gaza. Ci pensa il sangue, a tingere la sabbia. Il futuro di Gaza sarà un tempo segnato dal dolore indelebile del sangue scivolato in mille rivoli per le strade. Dimenticare è difficile per tutti, credo impossibile. Ogni ferita si medica col tempo. Per Gaza, il tempo sembrerà interminabile. E' necessario un accordo, ma finché Hamas governerà il popolo attraverso l'odio e la sopraffazione, nessun accordo sarà possibile. E dal cielo, anzicché candida neve, pioveranno agghiaccianti volantini diretti alla popolazione, ai bambini che hanno perso l'infanzia e l'innocenza fra le macerie della loro casa, soli sulla tomba di genitori e fratelli.
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