Le parole di Primo Levi aprono a una domanda essenziale che ruota intorno alla radice dell'essere. Non c'è domanda senza ricerca di una plausibile risposta, nella misura in cui ogni problema reca in sé la sua soluzione, evidente o celata che sia. Una risposta improcrastinabile, irrinunciabile, alla quale non possiamo sottrarci. Domani si celebra la Giornata della Memoria. Mai come in questi giorni di crisi e rivolte risulta attuale. La memoria, si sa, è il nostro bagaglio di esperienze vissute o immaginate. La memoria trascende l'individuo e lo consacra a creatura sapiente e veggente. L'essere umano differisce dall'animale, anch'esso capace di ricordare, in quanto capace di discernere fra gli eventi storici il morale dall'immorale. Il flusso storico rappresenta un pozzo senza fondo a cui attingere al momento del bisogno. La Storia insegna che la Shoah rappresenta l'incommensurabile catastrofe che segnerà per sempre la fronte di ogni essere umano, passato presente o non ancora nato, finché l'umanità avrà respiro. La Storia racconta con voce ferma e sicura; nel suo Verbo la tenebra diventa luce, il passato si mescola al presente e ricomincia a pulsare attuale.
Stiamo ascoltando in questi giorni l'urlo dei popoli in rivolta: la Tunisia s'infiamma, l'Algeria riecheggia rabbiosa la ribellione, l'Egitto reclama la sua parte. La crisi economica ha sviluppato i suoi frutti colpendo i Paesi più sensibili alla rivolta. L'Italia, dalla sua ovattata condizione senza tempo, sospesa fra torbidi scandali sessuali e bassezze d'animo, trattiene il respiro. Un Paese saturo di cultura, potenzialmente forte, dichiara la sua piena inettitudine a far fronte alla Storia. Preferendo starsene ai margini, incapace d'indignarsi o di prendere una posizione coerente.
Ogni popolo porta scritto nella carne le atrocità dell'olocausto. E così ogni popolo deve farsi carico del proprio destino, accogliendo il peso delle responsabilità e lottando per assicurare a tutti la libertà di pensiero e d'espressione, il diritto di vivere serenamente e in piena consapevolezza, il dovere di conservare l'ambiente in cui vive assicurando alla propria discendenza i valori per i quali in passato altri hanno lottato e versato sangue. Non c'è dubbio che un eccesso di benessere può indebolire la facoltà visiva. Nei paesi ricchi la maggior parte della popolazione ha un pasto assicurato e una casa riscaldata in cui trovare ristoro. Paradossalmente, è proprio dagli Stati Uniti, nazione fino a qualche anno fa potenza mondiale dove la crisi ha trasformato le case in roulotte o baracche, che viene il grido ottimista di un Presidente per incoraggiare l'innovazione e il rilancio dell'economia.
Quali cause hanno portato al sacrificio di milioni d'individui, oltre alla crisi economica che spaventosamente riflette le vicende presenti? L'affermarsi del nazifascismo ha trovato forse terreno fertile nella vigliaccheria e nella corruzione della popolazione fragile e non ancora pronta a una rivoluzione culturale? Ogni forma di razzismo, omofobia malcelata, svilimento della donna, può farci fermare a riflettere, a ripensare il passato alla luce degli eventi attuali? Con quale tranquillità d'animo possiamo pensare il nostro futuro, accettando di essere governati da vertici corrotti? L'umanità è in grado di evitare le catastrofi, ma non è capace di opporsi alle stragi, non sa sfuggire ai conflitti di religione, non ha una risposta per ogni male.
Nella nostra piccola Italia, colpevole come la Germania di tirannie ed epurazioni, il livello di corruzione attuale, d'immoralismo, di mancanza di valori, ha oltrepassato la soglia del sopportabile.
E tuttavia possiamo opporci alla manipolazione mediatica con le nostre stesse forze, attraverso i blog, il teatro, la scrittura, l'arte. Perché finché la Cultura avrà spazio nelle nostre menti, ci sarà uno spiraglio di salvezza.
Ma per lasciare spazio alla Cultura, bisogna gettarsi alle spalle l'era berlusconiana e crearsi una seconda pelle, come i rettili, destinati a strisciare ma capaci di fare la muta.
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